Dal 20 al 23 ottobre 2022 si è svolto il Meeting Associativo “Il Gargano, tappa sulla linea dell’Arcangelo Michele”

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di Mariangela Migliardi

Il Meeting associativo di quest’anno ha avuto quale meta la percezione geobiofisica e l’esperienza di geologia percettiva nei luoghi di San Michele, sul Gargano. Il punto di incontro per chi ha partecipato è stato l’albergo “Santangelo” di Monte Sant’Angelo, a 800 metri di altitudine, posto un po’ oltre il centro storico e l’abitato, ma rivelatosi strategico per i percorsi e le ricerche che ci si era prefissati.
Il nostro gruppo era formato da sette partecipanti, più il piccolo e pazientissimo Amedeo, che comodamente adagiato nella sua carrozzina ci ha seguiti in tutte le nostre perlustrazioni.
Il programma è stato ricco e intenso. Santuari e abbazie, cenobi rupestri, luoghi di culto antichissimi e legati ad apparizioni, monumenti megalitici, dolmen e menhir, il tutto strettamente connesso con le caratteristiche dei substrati e la presenza di strutture geologiche importanti.

Il primo giorno

Per tre di noi, Cristina, Luca e Mariangela, l’incontro è avvenuto alla Stazione Ferroviaria di Torino sul Freccia Rossa per Foggia, a cui si è poi aggiunta Antonella a metà tragitto. Francesco, Rebecca e il piccolo Amedeo li avremmo incontrati la sera direttamente nell’albergo, mentre Maria Teresa, pugliese, ci avrebbe raggiunti la mattina successiva, per conoscerci e per unirsi a noi nelle esplorazioni percettive del santuario e dei dintorni.
Noi quattro viaggiatori provenienti dal Nord, giunti a Foggia abbiamo proseguito il viaggio verso Monte Sant’Angelo con un’auto a noleggio.
Man mano che ci si avvicinava si iniziava a cogliere la particolarità geologica del territorio, evidenziata dalla presenza di numerose cave di marmo: un importante substrato roccioso calcareo, che per estese aree è spoglio e tormentato dalle forme del carsismo, che si inaspriva man mano che ci si avvicinava alla meta e si iniziava a percorrere i numerosi tornanti che portano verso l’abitato. Pendii scoscesi costellati di rocce biancastre frantumate e con scarsa vegetazione, con la presenza, cosa che ci ha sorpresi, non di capre, ma bensì di numerosi e pacifici bovini, liberi di muoversi a piacimento, solitari e, spesso, in bilico sulle rocce.
Asprezza del territorio e difficoltà poste ad ostacolo nel raggiungere la meta. Obiettivi da perseguire con notevole impegno e perseveranza con a modello l’Arcangelo Michele. Energia maschile che prevale e domina. Questa sembra essere la qualità della percezione che ci accompagnerà nei percorsi lungo questo monte, scelto per ambientare le apparizioni dell’Arcangelo Michele.
Monte Sant’Angelo, il Comune più alto del Gargano, sorse alla fine del V secolo, quando, secondo la tradizione, l’Arcangelo Michele apparve in una grotta.
I Longobardi, che in quel periodo dominavano l’Italia meridionale, ne fecero il loro santuario nazionale. In breve questo luogo di culto divenne rinomato in tutta la Cristianità e meta obbligata non solo per i pellegrini di tutta Europa, ma anche per per papi e sovrani, oltre ai Crociati in partenza per Gerusalemme.
Al Santuario si accede scendendo per una lunga scalinata. Un tempo però si saliva, come è più logico trattandosi di un sito Yang (e come avviene alla Sacra di San Michele in Piemonte).
L’interesse del sito trae origine soprattutto dal significato storico, religioso e sociale che l’antro ha assunto nel corso dei secoli. Con il trascorrere degli anni la cavità ha subito innumerevoli rifacimenti, tuttavia, nonostante la massiccia presenza di pellegrini, il grande valore storico del Santuario non appare intaccato.
L’incontro con il Santuario dell’Arcangelo Michele, già la sera stessa, è stato magnifico, con il gioco di luci che lo illumina dentro e fuori, l’ampio scalone che scende e porta alla grotta, il cuore sacro del complesso.
Ed ecco l’incontro con l’energia del luogo: accogliente lungo la parete a sinistra dell’ingresso e frontale alla grotta, difficoltosa nel procedere verso la balaustra che racchiude l’altare, con un senso di oppressione, quale un ostacolo al cammino verso la meta.

Il secondo giorno

La mattina viene dedicata alla visita del Santuario e alla grotta dell’Arcangelo Michele e quanto percepito la sera prima viene confermato da tutti i partecipanti.

Grotta di San Michele

Particolarmente sollecitato risulta lo spazio a sinistra dell’area che circonda l’altare. Francesco, il nostro geologo, ci ragguaglia sulle caratteristiche geologiche e strutturali del territorio che, come vedremo, vanno poi ad intrecciarsi con il culto, la devozione e la spiritualità che da secoli impregna quest’area

La faglia di Monte Sant’Angelo
La faglia di Monte Sant’Angelo, una delle più rilevanti dell’area garganica, è il segmento più evidente del sistema di faglie di Mattinata, ed interessa una sequenza carbonatica di piattaforma spessa più di 4000 metri che si sviluppa dal Giurassico superiore al Miocene medio, coperta in discordanza da lembi di depositi tardopliocenici-pleistocenici. (e.g. Bosellini et al., 1993).
Il substrato dello sperone d’Italia è infatti costituito da sedimenti calcareo-dolomitici, di età giurassico-cretacea, sui quali si poggiano locali e modeste coperture calcarenitiche paleoeoceniche, biocalcarenitiche neogeniche e terrigene quaternarie.
Attualmente, a partire dal Pleistocene medio-superiore, la faglia ha un movimento prevalentemente trascorrente destro, con una minore componente verticale (circa 1/4), con un tasso di scorrimento quantificabile in 0,7-0,8 mm/anno (Piccardi, 2005; Tondi et al., 2005).
Il tratto centrale di questa faglia è sottostante l’abitato di Monte Sant’Angelo, dove le evidenze geologiche e geomorfologiche sono maggiormente sviluppate, e dove una maestosa scarpata si affaccia sulla valle Carbonara. Questa importante faglia del Gargano, detta anche faglia di Valle Carbonara, taglia in due il promontorio lungo la direttrice San Marco in Lamis – Mattinata. La Valle Carbonara, nei pressi di Monte Sant’Angelo, è una delle aree in cui meglio si manifesta l’imponenza di tale discontinuità.
L’attivazione sismica di questa faglia ha inoltre avuto grandi influenze anche sul piano culturale, non solo a livello locale ma in tutta la cultura occidentale. Proprio in corrispondenza dal settore centrale della faglia sorge, infatti, il Santuario dell’Arcangelo Michele, dal quale si sviluppò il culto dell’Arcangelo che si diffuse in tutto l’occidente, svolgendo un ruolo fondamentale nella cristianizzazione dell’Europa pagana. Nel Medioevo Monte Sant’Angelo era la seconda meta di pellegrinaggio per importanza, in quanto la via per la Terra Santa andava da Roma (homo) con la tomba degli apostoli Pietro e Paolo a Monte Sant’Angelo (Angelus) per l’apparizione dell’Arcangelo e da lì a Gerusalemme (Deus) e ai luoghi della vita del Cristo. Il santuario, attivo con continuità da oltre 1500 anni, preserva il luogo dove, a seguito della narrazione della discesa sulla terra dell’Arcangelo Michele furono rinvenute nella roccia delle tracce insolite, interpretate poi come le impronte dei suoi piedi.

  Cripte longobarde del Santuario di San Michele Arcangelo


L’apparizione (tradizionalmente datata alla fine del V secolo) coincise con un forte terremoto, cosicché santuario e faglia risultano strettamente interconnessi per due motivi:
in primo luogo, per essere questa faglia la sorgente del terremoto che accompagnò l’apparizione;
in secondo luogo per il fatto che furono proprio alcune rotture cosismiche secondarie associate a questa faglia ad essere interpretate come le orme dell’arcangelo, come risulta evidente dallo studio comparato della cripta del santuario (e.g. Piccardi, 2005).
Dalle carte geologiche dell’area si evidenzia come in gran parte del promontorio del Gargano il substrato calcareo sia fortemente interessato da fratture e discontinuità geologiche che a Monte Sant’Angelo vanno a sommarsi alla importante faglia trascorrente, rendendo l’area decisamente sollecitata e instabile.
Queste strutture geologiche in generale vengono percepite come compressive e destabilizzanti, provocando tensioni in diverse parti del corpo, a seconda della tipologia energetica della persona, con possibile perdita di equilibrio. Queste tensioni si riscontrano in diversi punti del borgo storico, come ad esempio nei pressi della chiesa della Santissima Trinità e poco oltre, a cui si giunge dopo aver oltrepassato l’area del Battistero di San Giovanni e della ex chiesa di San Pietro.

Il menhir dall’ara sacrificale 

Parte del pomeriggio del secondo giorno era destinato alla ricerca di alcuni dolmen e menhir che sono stati scoperti recentemente nell’area da un ricercatore del posto, Raffaele Renzulli, riconosciuti ma non ancora ufficializzati dalla Soprintendenza. Il Gargano era infatti abitato da popolazioni neolitiche che vi hanno costruito monumenti megalitici che gli studiosi ipotizzano legati al culto dei morti, alla divinità del Sole, alla fertilità dei terreni connessa ai fenomeni naturali ed astronomici.
Ne abbiamo visto uno che presenta caratteristiche di dolmen, anche se non conservatosi integro. Grande è stata poi la sorpresa nello scoprire che la vasta area neolitica segnalata da Renzulli, definita la Valle dei Dolmen di Monte Sant’Angelo, era situata proprio sotto il nostro albergo e, sebbene al tramonto e un po’ infreddoliti dal vento che spesso sferza i pendii rocciosi, abbiamo avuto modo di percorrerla in parte, individuando alcuni degli elementi segnalati, in particolare il grande menhir.

L’incontro più entusiasmante lo abbiamo avuto la mattina seguente quando, procedendo verso l’Abazia di Pulsano, illuminato dal sole ci è apparso il dolmen meglio conservato fra i tanti, situato sulla scarpata della strada, orientato verso il sole del mattino.
La luce del sole che lo illuminava ci ha fatto comprendere l’importanza che gli abitanti di un tempo attribuivano ai fenomeni celesti, all’alternanza delle stagioni, ai cicli naturali ed astronomici. Il sole come dispensatore di vita, di rinascita, di fertilità, luoghi dove l’energia della terra si incontra e si fonde con quella del cielo, luoghi dove si celebrava la vita e/o dove si accompagnava il passaggio ad un’altra dimensione, in un legame molto stretto con la Terra e con il Cielo e con le loro manifestazioni.
I brevi momenti di percezione dedicati ci hanno confermato questi aspetti: siti risalenti a circa 5.000 anni or sono, con utilizzi legati alla celebrazione della vita e della morte, al sole, alla ciclicità delle stagioni.

Dolmen nei pressi di Pulsano

Il terzo giorno

La mattina del terzo giorno, prima di lasciare Monte Sant’Angelo, decidiamo di visitare l’area del Battistero di San Giovanni a cui è affiancata la chiesa di Santa Maria Maggiore.
In questo territorio caratterizzato dalla faglia e da numerose fratture e discontinuità negli strati geologici, anche la chiesa dedicata alla vergine Maria non risponde ai consueti canoni di energia legata alla terra, all’accoglienza, alla fertilità, all’acqua, mentre si riscontra la presenza di fratture e discontinuità, avvertita come energia compressiva, prevalentemente maschile. Proseguendo oltre l’abitato di Monte Sant’Angelo, e oltrepassando l’albergo che ci ha ospitati, si giunge all’Abazia di Santa Maria di Pulsano, posta in un’area in cui la piattaforma calcarea si caratterizza con la presenza di canyon, falesie, promontori. Questa area è costellata da numerose grotte e cavità, di cui molte utilizzate nel passato quali eremi. L’abbazia, instaurata sul colle di Pulsano nel VI secolo per opera del monaco-papa San Gregorio Magno, con i suoi eremi circostanti, è stata sino ad oggi (con alterne vicende storiche) luogo di monaci, anacoreti e cenobiti, orientali e latini.
La chiesa, dedicata alla vergine Maria, presenta fratture e discontinuità geologiche, con assenza di scorrimenti idrici. Anche in questo caso l’energia riscontrata non ha le caratteristiche legate al femminile, mentre prevale l’elemento maschile. Questo luogo faceva da specchio ai tanti monaci che nel tempo lo hanno abitato ed utilizzato.
La meta successiva è la Grotta dell’Arcangelo Michele nei pressi del Lago di Varano e per raggiungerla percorriamo la strada che scende lungo il lato nord di Monte Sant’Angelo, meno impervia di quella del lato sud.

La grotta di San Michele è situata poco distante dal lago di Varano nel comune di Cagnano Varano.

Qui il fondovalle è rigoglioso e coltivato e poco dopo ci si addentra nella Foresta Umbra dalla florida vegetazione. Ci dirigiamo verso il versante settentrionale dello sperone del Gargano, che si affaccia sui laghi salmastri di Lesina e Varano dove stazionano e nidificano numerose specie di uccelli acquatici. Il sito, abitato fin dal paleolitico, rappresenta una importante testimonianza del culto micaelico sul Gargano. La grotta si presenta come una ampia e profonda cavità carsica, lunga 52 metri, libera da banchi e sedie. Dietro all’altare, situato verso il fondo, vi è una conca calcarea piena di acqua prodotta dal continuo stillicidio dal soffitto della grotta. Tale acqua viene ritenuta miracolosa per la vista. Viene infatti chiamata “la pila di Santa Lucia”.
Tutta la grotta trasuda acqua e numerose le stalattiti e le stalagmiti in formazione, cui corrispondono piccoli rigonfiamenti sul pavimento, reso viscido dallo stillicidio dell’acqua piovana.
Le tracce di dipinti e gli altari fanno comprendere la devozione e il culto che qui si perpetuato da tempo immemore, così come i “segni” nella roccia che i fedeli leggono come manifestazioni dell’arcangelo e di San Pio.
In questo spazio non si avvertono campi energetici e tensioni legate alla presenza di strutture geologiche. Si potrebbe definire uno spazio “neutro”, gradevole e accogliente, che si discosta notevolmente dalla grotta di Monte Sant’Angelo. Da sottolineare la presenza dell’acqua, come stillicidio all’interno della grotta, e segnalata da un pozzo nell’area esterna antistante. Nonostante la natura calcarea del sottosuolo l’area non presenta caratteristiche di eccessiva assorbanza, al contrario è piacevole e rilassante, ci rilassa dalle tensioni riscontrate in alcuni dei luoghi visitati precedentemente ed invita alla sosta.
Il nostro viaggio prosegue verso Peschici, dove le ripide scogliere calcaree dei versanti nordorientale e orientale, chiazzate dalla macchia mediterranea, si gettano a picco nell’Adriatico con salti di parecchie decine di metri. A Peschici trascorriamo l’ultima serata, con una passeggiata nei vicoletti caratteristici e con la cena al “Trabucco”, un caratteristico locale sorto accanto ad un trabucco ancora utilizzato per la pesca di alcune specie ittiche locali. I piatti e il servizio sono ottimi e soddisfano tutti, o quasi. Luca non ama il pesce e neppure le porzioni poco abbondanti, ma è stato bravissimo ad adattarsi… e a trattenersi dal fare commenti.

Il quarto giorno

La mattina seguente, dopo un fermo immagine di Peschici illuminata dal sole sorgente e dopo una ottima colazione con dolci e marmellate fatti direttamente dai gestori, il nostro gruppo si divide nuovamente per affrontare il viaggio di ritorno.  Maria Teresa in auto verso casa; Francesco e la sua famiglia in auto verso Siena; noi quattro verso Foggia in treno, dove avremo ancora modo di ripensare alla bella e intensa esperienza, che ci ha permesso di esplorare le interconnessioni tra luoghi di culto e geofisica del territorio, mai casuali, che, sebbene sconosciute ai più, restano il mezzo migliore per comprendere l’origine dei culti, dei miti, delle leggende e per evidenziare come un determinato culto sia spesso legato ad una particolarità energetica e strutturale del territorio, e come gli stessi aspetti si ripetano in luoghi diversi.
Manifestazioni dello Spirito e/o capacità dei nostri predecessori nel saper cogliere lo spirito del luogo?
Sicuramente una maggiore connessione con il Cielo e con la Terra, con il Sopra e con il Sotto, che nelle diverse epoche si è manifestato in forme diverse, dai dolmen e menhir, alle chiese rupestri, alle abbazie, ai santuari, alle grandi cattedrali romaniche e gotiche e…
Mariangela Migliardi

Il gruppo GEA nella valle dei Dolmen di Monte Sant’Angelo