La “memoria dell’acqua” è un dato scientifico, ma disturba qualcuno

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di Lino Rossi (a cura di) – 18/08/2008  Fonte: comedonchisciotte [scheda fonte] —

Riporto parte di un capitolo del libro “AQUA” di Roberto Germano – Bibliopolis editore – nel quale si può cogliere, volendolo fare, l’esistenza della “memoria dell’acqua”. Per la spiegazione teorica rimando ad altre parti del libro e all’opera del Prof. Giuliano Preparata (“Qed Coherence in Matter”, “dai quark ai cristalli”, ecc.).
È singolare osservare come gli scalmanati negatori del fenomeno operino in siffatta goffa maniera senza entrare mai nel merito delle questioni. Per loro il metodo galileiano vale solo quando risulta coerente con le loro convinzioni, che spesso coincidono casualmente con quelle di big-pharma. Niente convinzione? Niente fenomeno! Galileo sta calmo…
Segnalo che le prove dell’esistenza della memoria dell’acqua sono innumerevoli e sono riportate nel libro.
Lino Rossi

L’AFFAIRE BENVENISTE, OVVERO: SULLA MEMORIA DELL’ACQUA E DELLA SCIENZA
di Roberto Germano – fisico della materia e amministratore unico della Promete, spin off INFM
Articolo pubblicato per la prima volta sulla rivista Anthropos & Iatria – Rivista italiana di Studi e ricerche sulle Medicine Antropologiche e di Storia delle Medicine (www.medicinealtre.it ) anno VIII numero II, pp. 89-91, riprodotto per gentile concessione dell’autore che ne detiene i diritti.

«Nessun esperimento è riproducibile se uno lo fa con sufficiente incompetenza» (Emilio Del Giudice)

Jacques Benveniste (1935-2004)
chi era costui? Nato a Parigi nel 1935, studia medicina e nel ’67 diviene direttore clinico alla Facoltà di Medicina di Parigi; sempre alla fine degli anni ’60 è ricercatore all’Istituto sulla Ricerca sul Cancro del CNRS e poi si occupa di patologia sperimentale in California. Nel 1970 scopre il “Platelet-Activating Factor”. Nel 1978 diviene Direttore di Ricerca INSERM (Istitut National de la Santé Et de la Recherche Médicale) e nel 1980 viene posto a capo dell’unità di Ricerca 200 dell’INSERM: Immunologia delle allergie e delle infiammazioni. E’ autore di circa 300 pubblicazioni su riviste internazionali, di cui 26 sul Journal of Immunology.
Dulcis in fundo o, forse meglio, in cauda venenum, Benveniste è anche vincitore di ben due Premi IgNobel per la Chimica, nel 91 per la “memoria dell’acqua” e nel ’98 per la trasmissione delle informazioni di tale “memoria” via telefono ed Internet…
IgNobel (marchio registrato!!!) è un gioco di parole tra “ignobile” e “Nobel”: si tratta di un premio ideato ed assegnato da un’allegra accademia di professori dell’establishment accademico. Questo tipo di burla sembra manifestare la presenza, nella sensibilità dei suoi ideatori, sia della loro nascosta aspirazione al riconoscimento istituzionale tramite l’agognata “canonizzazione” assegnata dai mass media, e non solo, per l’assegnazione del premio Nobel, sia il terrore del possibile giudizio negativo dei colleghi, e di risultare, quindi, “ignobili”; tutto questo a scapito della curiosità scientifica incondizionata che caratterizza, invece, l’approccio psicologico di uno scienziato libero, a cui non credo verrebbe mai in mente di sbeffeggiare un collega su questo terreno…
Infatti, non a caso, è proprio intorno alle ricerche così “premiate” che andremo a concentrare la nostra attenzione!!

L’infausta sorte dei basofili degranulati
Nel nostro corpo circolano indisturbati alcuni tipi di globuli bianchi, o leucociti che dir si voglia, meno comuni degli altri e che vengono chiamati ‘basofili’. I basofili trasportano al loro interno delle piccolissime vescichette, dette granuli. Una delle sostanze contenute in questi granuli è la gloriosa ‘istamina’, una sostanza vasodilatatrice che tutti gli allergici di questo mondo sanno essere fortemente connessa ai loro starnuti o reazioni allergiche varie. Infatti, ciò che accade quando starnutiamo, o la pelle si arrossa, ad esempio in presenza di polline di parietaria o di una graminacea (cioè di una “fonte di allergia” o “allergene”), è che i basofili stanno reagendo alla sollecitazione esterna rilasciando nel circolo sanguigno i loro granuli, cioè stanno “degranulando”. A questo punto i granuli rilasciano l’istamina e quindi i capillari della pelle, delle mucose, e dei bronchi subiscono l’azione vasodilatatrice che genera gli effetti allergici che ben conosciamo, e che in termini tecnici viene definita reazione anafilattica. In pratica, se questi benedetti basofili non degranulassero… niente starnuti!!
Ed ecco presentato il primo protagonista dell’Affaire Benveniste.
Veniamo ora al co-protagonista: l’anti-IgE.
Alcuni medici – forse un po’ sadici? – si sono accorti che si può rendere una persona, che di per sé sarebbe niente affatto allergica, comunque sensibile a delle sostanze “allergeniche” utilizzando un anticorpo estratto da capre compiacenti: il cosiddetto anti-IgE.
L’anti-IgE provoca la degranulazione dei basofili e quindi le reazioni allergiche.
Ora, veniamo alla pietra dello scandalo, l’articolo apparso sulla famosa rivista internazionale “Nature”, il 30 Giugno 1988:
E. DAVENAS, E. BEAUVAIS, J. AMARA, M. OBERBAUM, B. ROBINZON, A. MIADONNA, A. TEDESCHI, B. POMERANZ, P. FORTNER, P. BELON, J. SAINTE-LAUDY, P. POITEVIN AND J. BENVENISTE: Human basophil degranulation triggered by very dilute antiserum against IgE (degranulazione dei basofili umani innescata da antisiero IgE molto diluito) – “Nature”, 333, 816-818 (1988)
In questo articolo vengono descritti una serie di esperimenti condotti utilizzando diluizioni omeopatiche del co-protagonista: l’anti-IgE, che malgrado ciò – vale a dire: essendo scomparso dal solvente acqua – induceva comunque in misura statisticamente significativa la degranulazione dei basofili umani in coltura. Da ciò il tormentone di “memoria dell’acqua” con cui è passato alla storia questo celebre quanto controverso risultato sperimentale.
Lo stesso Benveniste si rendeva ben conto che si trattava di qualcosa di veramente eclatante ed “anomalo”, infatti fece il seguente esempio: è un po’ come se uno buttasse le chiavi della propria macchina nella Senna a Parigi e poi raccogliesse dell’acqua a Le Havre per fare uno stampo delle chiavi con cui riavviare il motore…
A questo articolo ne fu affiancato un altro, anonimo (ma, scritto probabilmente dal Direttore di “Nature”, cioè John Maddox), dal titolo “Quando credere all’incredibile”, in cui si evidenziava l’inspiegabilità teorica dei fenomeni descritti, e si invitavano i lettori a sospendere il giudizio fino a ulteriori controlli: 
When to believe the unbelievable, “Nature”, 333, 787 (1988)
L’Omeopatia aveva dunque trovato la sua “validazione” grazie ad un esperimento di immunologia di base effettuato da uno dei più stimati ricercatori del campo, il professor Jacques Benveniste?

A me gli occhi, please!
Gli ulteriori controlli non tardarono a farsi attendere e si sostanziarono nella visita, lunga una settimana, al laboratorio di Benveniste di tre ospiti ben assortiti: un famoso illusionista ed ipnotizzatore statunitense, James Randi (membro attivissimo dello CSICOP, Committee for the Scientific Investigation of Claims of the Paranormal, lo zio d’america dell’italiano CICAP, per intenderci), il direttore di “Nature”, John Maddox, ed il sedicente “acchiappa-frodi” Walter Stewart.

Ebbene, cosa accadde alle pluriennali ricerche di Benveniste, riprodotte in laboratori italiani, israeliani, e canadesi, da ricercatori di valore internazionale che firmavano lo “scandaloso” articolo, durante tali “magici” e “ipnotici” “controlli”, effettuati da tre persone e durati una settimana, descritti da Benveniste come uno “spettacolo da circo”?
Ovviamente, l’attitudine dei tre era di scovare il trucco, la frode, l’imbroglio, dovunque esso fosse, e in ogni caso essi erano ben certi della fallacia dei risultati pubblicati da Benveniste.
I risultati della “verifica” dei tre, furono prontamente pubblicati su “Nature” il 28 Luglio 1988 (rapidissimamente, cioè soltanto 28 giorni dopo

la pubblicazione di Benveniste, quindi dobbiamo supporre, senza alcun “referaggio” internazionale!!!):
J. MADDOX, j. RANDI AND W. W. STEWART,`High dilution’ experiments a delusion, (esperimenti con “alte diluizioni”: una delusione) – “Nature”, 334, 287-290 (1988)
Nella sua replica su “Nature”, Benveniste li accusò di “caccia alle streghe” e di “maccartismo”. Ed in effetti, ci chiediamo: questi “risultati” dei nostri tre elementi sono stati riprodotti da qualche scienziato? E quali scienziati avevano fatto da referee al loro articolo? Si tratta di domande retoriche, anche perché l’articolo, malgrado il titolo ben netto, parlava sì di “pseudoscienza”, ma non chiariva il mistero della memoria dell’acqua, né accusava alcuno di alcunché!! Per cogliere l’attitudine dei tre non basta leggere l’articolo, ma bisogna interpretarne le intenzioni: si dichiaravano ben sicuri della buona fede di Benveniste (quale magnanimità!), però riferendosi alla coautrice Davenas, ringraziandola per i conteggi, insinuavano che non fosse in buona fede, cosa che poi Randi ha in effetti dichiarato esplicitamente anche se soltanto privatamente; si concludeva poi che c’erano stati degli errori di campionatura statistica.
Torniamo al “controllo” effettuato nel laboratorio di Benveniste. Dopo i primi giorni in cui i nostri tre investigatori non riuscivano a trovare nulla di sospetto nelle procedure del gruppo di Benveniste, ciò che Randi racconta di avere infine fatto per scovare il truffatore è questo: registrando tutto con una telecamera, le soluzioni furono etichettate in laboratorio, poi furono portate in una stanza senza finestre e lì le etichette vennero sostituite, la corrispondenza tra le vecchie e le nuove etichette venne trascritta su un foglio di carta, poi piegato all’interno di un foglio di alluminio, e imbustato e sigillato con uno speciale adesivo per rilevare le impronte digitali, la busta fu attaccata sul soffitto del laboratorio e Randi “segnò” una scala per vedere se qualcuno l’avrebbe utilizzata per raggiungere la busta con la decodifica. Vennero restituite, dunque, le provette per continuare l’esperimento e poi tutti andarono a cena. Il giorno dopo si fece il conteggio dei risultati, che risultarono tutti negativi. Mentre Randi osservò che la scala risultava spostata e che qualcuno aveva provato ad aprire la lettera con una matita, senza riuscirci. Il tutto viene considerato “avvalorato” dal fatto che le ricerche erano finanziate da aziende di farmaci omeopatici!! Sappiamo che non è neanche il caso di ricordare che se si annullassero tutte le ricerche mediche perché finanziate da case farmaceutiche, ben poche ricerche sopravvivrebbero!
Va detto, poi, che l’illusionista James Randi, ancora una volta privatamente (ma non troppo, visto che era ad un convegno nazionale del CICAP) ha ammesso con vanto di aver usato l’ipnosi durante le sue “verifiche” nel laboratorio di Benveniste. Il fenomeno esiste…
Dopo tutto il polverone che si era sollevato e l’enorme discredito che era stato gettato sulla “memoria dell’acqua”, il direttore dell’INSERM, Philippe Lazare, licenziò la Davenas; e stava quasi per fare altrettanto con Benveniste; ma, invece, preferì saggiamente attendere i risultati di ulteriori esperimenti ripetuti il cui controllo aveva egli stesso affidato all’esperto statistico, prof. Alfred Spira, direttore dell’unità 292 delI’INSERM. Nel Gennaio 1990, al termine degli esperimenti da lui supervisionati, il prof. Spira si è così espresso: «II fenomeno esiste, gli esperimenti hanno dato risultati positivi e tuttavia, benché sia stata seguita una metodologia corretta, i risultati appaiono strani dal punto di vista statistico. È un fatto che non riesco a capire né a spiegarmi».
Ben 9 anni più tardi, uno studio effettuato in parallelo in 4 laboratori indipendenti sparsi per l’Europa (Gran Bretagna, Italia, Francia e Olanda) – mentre il coordinamento, la codificazione, la randomizzazione e l’elaborazione statistica è stata effettuata da un gruppo di ricerca in Belgio – sembra segnare l’inizio della “riscossa” di Jacques Benveniste:
P. BELON, J. CUMPS, P. F. MANNAIONI, J. STE-LAUDY, M. ROBERFROID, F. A. C. WIEGANT Inhibition of human basophil degranulation by successive bistamine dilutions: results of a European multi-centre trial (inibizione della degranulazione dei basofili umani tramite successive diluizioni di istamina: risultati di un test europeo multicentrico). “Inflammation Research”, 48, supplement 1: S17-18 (1999).
I dati validi da analizzare ammontano a 772; la degranulazione media del gruppo di controllo è del 48.8%, mentre nel caso delle diluizioni elevate (omeopatiche) è del 41.8%, con la probabilità che ciò accada per puro caso che è minore di 1 su diecimila!
Eppur degranula! Bisogna ripetere col prof. Spira che il fenomeno, dunque, esiste.
L’Affaire Benveniste sembra così cominciare a giungere ad un lieto fine per Benveniste e per la scienza. Peccato che nel frattempo Benveniste sia morto.
Bisogna, però, sicuramente dare onore al merito a chi, non facendosi ingannare dalle apparenze, ha proseguito a sperimentare seriamente, infischiandosene della tendenza a ridicolizzare interamente queste ricerche.

La bio-chiave e la bio-toppa
Ma cosa ha fatto Benveniste nel corso degli anni ‘90? Non ha continuato a sperimentare? Come abbiamo già accennato, dopo un paio d’anni, è poi andato oltre, tanto da attirare nuovamente la cortese attenzione di alcuni colleghi che sono stati pronti ad assegnargli addirittura un altro Premio IgNobel!
Per poter accennare a queste sue ricerche ancor più incomprensibili per il paradigma scientifico di quegli anni (nonché per molti seri accademici di questi anni) di quanto già non fosse la “memoria dell’acqua”, è necessaria una breve digressione sul modo in cui le molecole “comunicano” fra loro…
I biologi utilizzano correntemente il termine “segnale molecolare” senza una precisa definizione fisica dello stesso. Esiste però un’immaginifica schematizzazione del modo di “comunicare” o “interagire” delle molecole in campo biologico, che è a tutt’oggi considerata la “spiegazione” istituzionale, che viene chiamata: Relazione Quantitativa Attività-Struttura, meglio conosciuta come Modello di Interazione Chiave/Toppa. Di che si tratta? Le molecole vagano in maniera casuale nei liquidi biologici e si urtano casualmente. La forza di interazione è quella a corto raggio di tipo elettrostatico, che agisce sensibilmente fino a circa due, tre volte il diametro della molecola. Quando accade che una molecola Chiave urta proprio la sua molecola Toppa (per esempio, una molecola “antigene” urta una molecola “recettore”), che sarebbe caratterizzata dal fatto di esserle geometricamente complementare, le due molecole rimarrebbero incastrate, e formerebbero un tutt’uno fino a che il destino non le separerà di nuovo, inducendo nella cellula con quella “Toppa” quella funzionalità che senza quella molecola “Chiave” non sarebbe mai stata attivata.
Il grande paradosso di questa “spiegazione” (che è quella a tutt’oggi correntemente accettata) è che anche l’evento biologico più banale – come ad esempio pensare di voler pigiare un tasto del computer e poi realmente schiacciarlo – richiederebbe un tempo lunghissimo per potersi svolgere, cosa che non è.
L’insufficienza di questo modello è ancor più evidente nel fallimento dei programmi di progettazione di nuovi farmaci, che pur utilizzando estesamente super-calcolatori, non ha dato affatto vita al gran numero di nuove sostanza attive che ci si aspettava da tale interpretazione del “segnale molecolare”, termine comunque ampiamente ancora utilizzato ad indicare il fantasioso Lego casuale delle molecole appena descritto.

Segnali molecolari e biologia digitale
Benveniste ha sperimentato e proposto un nuovo modello interpretativo, di tipo elettromagnetico, per rendere conto dei “segnali molecolari”, secondo il quale una molecola antigene (ad es°) emette un segnale elettromagnetico che risuona con il segnale emesso dal recettore, così attivandolo e inducendo la funzione cellulare corrispondente.

Prima di focalizzare meglio l’attenzione sulla teoria, però, è il caso di esplicitare ciò che di eccezionale (tanto da risultare “incredibile” ai più) Benveniste ed i suoi collaboratori hanno sperimentalmente verificato:
utilizzando onde elettromagnetiche a bassa frequenza (<20 kHz) risultano attivate specifiche funzionalità cellulari, in funzione di una corrispondente ben precisa frequenza.
In particolare, dopo i famosi esperimenti che diedero luogo all’articolo scandaloso apparso su Nature, Benveniste continuò la sua ricerca. In esperienze a doppio cieco, con la presenza di ricercatori esterni, si notò che la presenza di molecole agoniste altamente diluite veniva annullata da un debole campo magnetico oscillante che non aveva invece affatto un tale effetto sulle molecole vere e proprie in diluizioni standard. Seguirono, dunque diverse centinai di esperimenti che confermarono la possibilità di trasferire all’acqua, tramite un amplificatore, la specifica attività molecolare di più di 30 sostanze!! Si tratta di sostanze quali: agonisti farmacologici e fisiologici, anticorpi (purificati o con tutto il siero), antigeni e perfino il segnale specifico di alcuni batteri.
Poi pensarono di invertire il procedimento, di registrare (in digitale, campionando a 44 kHz), cioè, alcune specifiche attività biologiche e poi memorizzarle su un hard disk di un PC. Quando tali registrazioni venivano riprodotte nei pressi di acqua, plasma, organi, cellule, o di reazioni antigene-anticorpo, il segnale registrato induceva l’effetto caratteristico della sostanza originaria!!! E’ chiaro come questo potrebbe condurre alla possibilità di rilevare o trasmettere a distanza qualsivoglia attività molecolare, normale o patologica che sia, e in ogni caso conduce ad una totalmente nuova visione della biologia e della medicina.
Da questi risultati sperimentali viene naturale formulare l’ipotesi che i segnali molecolari coincidano proprio con queste onde a bassa frequenza e che il recettore risuona con esse, un po’ come il sistema di sintonia di una radio.
Che i medici tibetani con le loro apparentemente “magiche” tazze metalliche (contenenti acqua) che risuonano quando un cilindro di legno viene strofinato sul bordo (le cosiddette tazze tibetane) – proprio come accade strofinando il dito inumidito sul bordo di un bicchiere di cristallo) – non siano proprio del tutto fuori strada?
La verità è che i dati sperimentali e la conseguente ipotesi di Benveniste che i segnali molecolari siano di natura elettromagnetica non cozza contro alcun principio di biologia o di fisica attualmente ben assestato, infatti si sa benissimo che le molecole emettono alte frequenze specifiche, ma d’altronde un insieme complesso di alte frequenze può produrre basse frequenze (fenomeno dei battimenti).
Inoltre, e qui viene il bello, bisogna considerare il fatto banale che tutte le interazioni biologiche avvengono in acqua e, mediamente, ogni molecola di proteina è circondata da migliaia di molecole d’acqua. E con questo? Proprio qui sta il punto. Abbiamo qui spazio per dire soltanto, che dall’elettrodinamica quantistica si calcola e sperimentalmente si verifica, che l’acqua ha una struttura bifasica, costituita da una sorta di matrice simile a vapor d’acqua molto denso, all’interno della quale si distinguono come dei nuclei, un po’ come i domini ferromagnetici del ferro. Tali nuclei vengono denominati “domini di coerenza”, ed a temperatura ambiente hanno un diametro di cinquecento Ångstrom (1 Ångstrom =10-10m = 1Å : si utilizza perché si tratta dell’ordine di grandezza della “dimensione” atomica), mentre i centri distano fra di essi di  750 Å.

struttura dell'acquaStruttura dell’acqua così come scaturisce dai calcoli ab initio di Elettrodinamica Quantistica Coerente.
A temperatura ambiente: D=750Angstrom   r= 250 Angstrom

Qui ci basti cogliere il fatto che attraverso questi estesi domini di coerenza è possibile trasmettere in acqua segnali elettromagnetici a distanza generando un’attrazione specifica a lungo raggio sulle molecole risonanti. La frequenza caratteristica dell’insieme delle due molecole sarà tale che risuona con un’altra molecola o gruppo di molecole specifico che corrisponde al passo successivo della reazione biochimica, e così via.
Questa visione elettromagnetica spiega anche come sia possibile che infimi mutamenti nella struttura di una molecola che corrispondono a piccole variazioni della frequenza caratteristica, possano dare luogo a così grandi modifiche funzionali: ciò accade ad esempio nella fosforilazione, nel caso della sostituzione di uno ione con uno molto simile, come pure nel caso dello scambio di due peptidi. La spiegazione risiede nel fatto che i fenomeni risonanti sono estremamente sensibili alle piccole variazioni intorno al picco di frequenza, vale a dire che la curva dei valori dell’ampiezza in funzione della frequenza è molto piccata (alta e stretta) intorno al valore della frequenza di risonanza stessa.

Un piccolo elenco di esperimenti
Ciò che sembra spessissimo scaturire dalla critiche a Benveniste, specie per ciò che riguarda questi più recenti aspetti della sua ricerca, è che sembra si stia parlando di sue idee balzane con nessuna base sperimentale.

Diamo invece un’occhiata agli svariati sistemi sperimentali su cui Benveniste ha messo alla prova le sue idee.
Dal 1984 al 1990:
– Degranulazione dei Basofili tramite alte diluizioni di anticorpi anti-IgE.
– Inibizione della degranulazione dei basofili attraverso alte diluizioni di Istamina.
Dal 1990 al 1998:
– Cuore di porcellino di Guinea: testate più di 30 sostanze, prima in alta diluizione, poi attraverso la trasmissione
diretta utilizzando un amplificatore, e infine registrando e riproducendo il segnale molecolare grazie ad un computer.
– Attivazione dei neutrofili tramite del Forbolo-Miristato-Acetato trasmesso da un amplificatore in tempo reale.
Dal 1997 al 1998: Precipitazione di Ag/Ab. Rilevazione del “segnale” registrato di batteri (e, per estensione, di antigeni o anticorpi) riproducendolo ad una reazione immunitaria specifica per quel segnale.
1998: Test dermatologici. Iniezioni intradermiche su porcellini di Guinea o conigli di acqua “informata” con il segnale di vasodilatatori come istamina, serotonina, acetilcolina, bradichina, che inducono una locale vasodilatazione sulla pelle che viene inibita dallo specifico inibitore della molecola originale.
Dal 1999 al 2001: Coagulazione del sangue. Acqua “informata” col segnale registrato di eparina va a ritardare o ad inibire la coagulazione del sangue. Il sistema è stato totalmente automatizzato realizzando un bioanalizzatore che realizza tutti i test senza intervento umano.

Un piccolo elenco di applicazioni
E’ ovvio che da questi risultati sperimentali eclatanti ci si può aspettare tutto un fiorire di possibili applicazioni, sia per ciò che concerne la possibilità di rilevazione di caratteristiche biologiche sia per ciò che riguarda la capacità di agire su sistemi biologici.

Prendiamo da Benveniste un’utile schematizzazione:

Schema Benveniste

*Vantaggi della rilevazione:
Rilevazione di concentrazioni molto basse (10-14 M)
Il campione può essere registrato da remoto
Monitoraggio in tempo reale di miscele complesse
Archiviazione permanente dei campioni registrati

Una commemorazione sui generis
Jacques Benveniste ci ha purtroppo lasciato, durante un intervento chirurgico al cuore, nei primi giorni dell’Ottobre 2004.
Pochi giorni dopo, ricevo una telefonata da Emilio Del Giudice che è a dir poco scandalizzato dal tono aggressivo e dal contenuto fuorviante di una sorta di articolo di commemorazione apparso su Nature.
Così, stimolati da Emilio (Del Giudice), Martin Fleischmann ed io decidemmo di scrivere una lettera aperta (considerammo inutile provare a farla pubblicare sulla stessa Nature), che ora si può leggere su svariati siti web ed è stata pubblicata sul numero IV del 2004 di Anthropos & Iatria (pagg. 86-87).

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=10309  Tante altre notizie su www.ariannaeditrice.it

  1. Germano “AQUA. L’acqua elettromagnetica e le sue mirabolanti avventure” Bibliopolis (2007)
  2. Germano “Acqua fresca e Omeopatia, ovvero un Comitato per il Controllo delle Affermazioni Normali?” in “Scienze, Poteri e democrazia”, Editori Riuniti (2006), 375-416